LAS Art Foundation

swell of spæc(i)es: Guida Dettagliata

Evento collaterale della 60. Esposizione Internazionale d'Arte - La Biennale di Venezia

05 Apr. 2024

Introduzione a swell of spæc(i)es

La pratica artistica di Josèfa Ntjam forgia nuovi miti e narrazioni fantascientifiche che riprendono racconti orali, sistemi di conoscenza e movimenti di resistenza africani e afro-diasporici. L’artista fonde tali narrazioni con osservazioni micro e macroscopiche dell’universo, dalla resilienza di piccoli organismi fino alla materia oscura, per creare mondi ipotetici ricchi di nuove alleanze. Le sue opere, intense, poetiche e intricate, si esprimono attraverso immagini in movimento, fotomontaggi, sculture, testi e performance. Sono contraddistinte da un forte senso di movimento, trasformazione e interconnessione.

L’installazione swell of spæc(i)es di Ntjam crea un ambiente ultraterreno animato dai paesaggi cosmici di un film a narrazione circolare e dall’interazione di suoni, voci e vibrazioni diffuse da sculture marine. Rivela una "ancestralità futuristica", una nuova storia della creazione plasmata da modi antichi ed emergenti di concepire il mondo e i mondi.

Il progetto nasce dall’indagine dell’artista sull’acqua, un elemento che racchiude in sé una moltitudine di storie e mitologie. Esplorando narrazioni che vanno dalla dominazione e dallo sfruttamento coloniale alle storie di emancipazione e resistenza, l’artista intreccia queste vicende, evidenziando come la dispersione geografica abbia portato a un movimento continuo legato a schiavitù, migrazione e spostamento.

In Swell of Spæc(i)es Ntjam esplora i legami tra gli oceani e lo spazio profondo, integrando prospettive sia mitologiche che scientifiche. Un altro punto di partenza del progetto è stata la recente identificazione del calcare (un tipo di roccia formata principalmente dalla sedimentazione di scheletri di plancton e altri organismi marini) nei detriti di un ex pianeta in orbita attorno a una nana bianca. Ntjam si è concentrata sul plancton, un organismo definito dalla sua migrazione sulle correnti, come punto di convergenza ipotetico tra terra e spazio. Nella narrazione dell’artista, il plancton diventa un portatore di memoria capace di attraversare questi regni.

Nel film a narrazione circolare, ricordi di resistenza coloniale sono impressi in diverse varietà di plancton. Queste creature ibride mutano attraverso varie fasi vitali e processi, modellando stelle luminose tramite il processo chimico della bioluminescenza, creando gusci di muco e trasformandosi in conchiglie, fossili e roccia calcarea. Le loro metamorfosi diventano il filo conduttore che intreccia i personaggi e i punti della trama, ispirati alle storie della creazione Dogon e Huaorani, in un nuovo e ampio mito.

“swell of spæc(i)es spæc(i)es è un processo alchemico in perpetua agitazione, l’alligazione tra genesi ancestrali e nuove tecnologie di creazione dell’immagine”.

— Josèfa Ntjam

Per dare forma a questo cosmo, Ntjam utilizza immagini generate dall’intelligenza artificiale (IA) e strumenti di blending digitale per sintetizzare visivamente la vasta rete di connessioni che traccia. Come i miti, anche questa tecnologia è iterativa, generando infinite versioni dagli stessi elementi fondamentali. Ntjam impiega la tecnologia per dare forma visiva a relazioni emergenti, permettendo alle figure e alle storiedi evolversi continuamente. Ad esempio, la creazione di nuovi avatar basati su sculture dell’Africa occidentale viene interpretata come un gesto di “liberazione” delle opere stesse dal peso dell’occupazione coloniale e dai furti che ne hanno segnato l’inserimento nelle collezioni occidentali. Queste sculture si trasformano, così, da semplici oggetti a entità speculative, ritrovando il loro posto nel regno del mito.

L’opera di Ntjam fonde e trasforma racconti eterogenei, focalizzando possibilità di relazione al di là delle idee imposte riguardo all’origine e all’identità. La sua creazione del mondo è distintamente alter-futurista. Questo concetto, formulato da Mawena Yehouessi, celebra la ricchezza di immaginari possibili al di là delle limitazioni imposte dagli sviluppi storici, dai desideri e dalle categorie occidentali.

Ntjam considera il mito uno strumento potente per plasmare questa futurità e concepisce swell of spæc(i)es come una sorta di "non-origine delle specie". Questa concezione sfida la linearità e le classificazioni convenzionalmente associate all’idea di origine. Evoca cicli infiniti di trasformazione e rinnovamento, simili a un serpente che si morde la coda, un "moto ondoso" di specie, spazi e narrazioni che dialoga con un universo in continua espansione: un mito della creazione senza fine.

“Cos'è un mito? Una storia narrata a molti che si trasforma in base ai contributi e ai punti ciechi di ciascuno. Eppure, è una narrazione così ampia e malleabile, al contempo ardente e dissoluta, da consentirci di proiettarvisi, abitarla e frequentarla assieme, anarchicamente”.

— Mawena Yehouessi

Poesia di Mawena Yehouessi

La sola speranza, in un'epoca di decadenza, è di divenire
un serpente. Non di fidarsi ciecamente di lui o comprenderlo
in qualche modo, ma di divenire un serpente.
Un'esperienza totalizzante di fuga,
o, un vaso, nelle parole di Fred Moten sulla Nerezza.

Giacché, questa cosa del ciclico, rappresenta tutto e molto più
di tutto ciò che muta forma per far parte dei mondi:
Nahash è un ginnī come la nostra Madre Acqua è il
peccato della conoscenza cui non è dato accedere; se non
accettando di cambiare pelle e prenderne (esserne) parte con
ciò che rimane, a propria volta.

Sì, essi sono mondi.

Come una giocosa vibrazione di materia [decoloniale] di
quark alla deriva; elaborando nuovamente tutto quanto
risuona e si espande. Improvvisando.

— Mawena Yehouessi

Film a narrazione circolare

Accostando animazione 3D a riprese di acquari, il film dà vita a una narrazione circolare di trasformazione e rinascita. La mitologia del film attinge a due storie della creazione: il mito Dogon di Amma, divinità che creò le stelle lanciando in cielo granelli di terra, e i Nommo, spiriti acquatici gemelli; ma anche al racconto Huaorani del serpente che, divorando le stelle, creò la vegetazione, i corsi d’acqua e la vita marina primordiale. Nella versione di Ntjam, Amma lancia la pietra calcarea nello spazio, frammentandola in asteroidi e stelle di plancton luminoso che emettono luce grazie al processo chimico della bioluminescenza. Le stelle vengono divorate da un serpente astrale e si trasformano in fossili nel suo ventre. Dalla bocca del serpente fuoriesce un pianeta fossile, sul quale i Nommo creano la vita marina, compresa una piovra che si tramuta in Amma, dando inizio nuovamente alla narrazione.

Ogni personaggio rappresenta una mescolanza di specie e memorie diverse sintetizzata utilizzando l’intelligenza artificiale e altri strumenti digitali. Le fonti includono modelli 3D di vita marina, immagini di statue provenienti dall’Africa occidentale conservate in collezioni occidentali, e fotografie di figure dei movimenti di liberazione, come Elisabeth Djouka, Marthe Ekemeyong Moumie e il nonno di Ntjam, che hanno combattuto contro le truppe coloniali francesi all’interno del partito Unione dei Popoli del Camerun (UPC). La maggior parte dei massacri coloniali perpetrati dalla Francia in Camerun è stata cancellata dagli archivi e dalle narrazioni occidentali, e solo nel 2022 è iniziato un processo di desecretazione dei documenti. Queste fotografie ricorrono nell’intera opera dell’artista come tenaci testimonianze, integrate in ambientazioni suggestive come grotte, bolle d’acqua, membrane e corpi celesti, come forme di testimonianza vivente. Questo approccio di incorporazione di storie contestate nei paesaggi e negli organismi è influenzato dai Drexciya, un duo di musica elettronica la cui mitologia narra di una popolazione sottomarina nata dai relitti del traffico di esseri umani lungo le rotte atlantiche, e dal compositore Sun Ra, che immaginava Saturno come pianeta ospite per le popolazioni afrodiasporiche.

Il film è presentato su un LED wall curvo, la cui immagine si riflette sulla superficie nera lucida sottostante, creando un effetto specchiato e un senso di profondità. Fatima Al Qadiri ha composto un paesaggio sonoro ricco, che fonde abilmente motivi melodici e musica d’atmosfera. Accostando arpa acustica, violoncello e strumenti digitali come flauto e oboe, Al Qadiri intreccia suoni eterei con toni profondi e viscerali. Le atmosfere cinematografiche della colonna sonora conferiscono una forte dimensione spaziale ed emotiva al viaggio del film, esplorando il vuoto dello spazio profondo e gli abissi marini, mentre le melodie accattivanti danno voce ai protagonisti del film.

“In questo mondo dis-continuo, spazio e oceani si uniscono per creare quella che potremmo chiamare eterotopia, una frazione molare che rivela memorie e ancestralità futuristiche”.

— Josèfa Ntjam

Sculture sonore

Nell’ambiente di swell of spæc(i)es, splendenti sculture marine fungono da agenti di trasmissione e ricezione sonora, creando un dinamico gioco di ritmi, voci e risonanze. Ntjam esplora il suono, le frequenze e le vibrazioni come mezzi per inaugurare connessioni ipotetiche e spettrali. L’oralità riveste altrettanta importanza come veicolo che ha permesso la diffusione e l’evoluzione dei miti e delle storie nel corso dei secoli. Le sculture di Ntjam sono realizzate con materiali innovativi, come la bioresina derivata dai semi di girasole, la canapa e il fieno.

Due "docce sonore" a forma di medusa sono sospese nell’installazione. Una voce emergente da una perla centrale contenuta in ogni scultura introduce un narratore in prima persona, il cui sé è multiplo e in continua evoluzione. Le sculture poetizzano la mitologia del film, intrecciando il flusso narrativo personale con le riflessioni sull’interconnessione tra la vita e l’universo, e sui loro cicli infiniti di trasformazione e rinnovamento. La forma delle sculture è ispirata alla medusa robotica fluttuante della scena iniziale del film Space Is the Place (1974) di Sun Ra e John Coney.

Dal suolo affiora uno strato vibrante, simile a una membrana, che ricorda un grande uovo o un embrione alieno. Le membrane sono un motivo ricorrente nell’opera di Ntjam, spesso associato a immagini di figure rivoluzionarie che enfatizzano la conservazione della loro memoria. Ntjam le definisce un archivio destinato a continuare a vivere nel nostro ambiente, adattandosi e trasformandosi in nuova vita. La membrana dell’installazione avvolge i visitatori, creando uno spazio intimo dove riposare e abitare i mondi emergenti plasmati da Ntjam. Alle volte, durante il ciclo del film, la sua superficie lucida e risonante rivela a tratti nuovi colori e spettri sonori, come un portale che si apre su un altro livello: un mondo oltre. Il suo ambiente sonoro è composto da Hugo Mir-Valette, che ha combinato strati di registrazioni con toni analogici e digitali, creando una musica ispirata ai modelli frattali. La sua struttura aperta invita i visitatori a interpretare il suono secondo associazioni personali e soggettive. Le frequenze della composizione di Mir-Valette si diffondono sulla superficie interna della membrana attraverso piccoli dispositivi chiamati eccitatori sonori, le cui vibrazioni trasformano lo spazio a forma di grembo in un altoparlante aptico.

“E se il mondo fosse nato dalle nostre ceneri acquee. Cosmogonia intertropicale delle non-temporalità//Sono contraria// Un cumulo di vulcani sedimentati in un oceano nero che ha restituito allo spazio qualche stella del mare”

— Josèfa Ntjam

Spazio satellite

Per la realizzazione di swell of spæc(i)es, Ntjam ha collaborato con scienziati dell’Università di Cardiff e dell’Istituto di Scienze Marine (ISMAR) di Venezia, concentrandosi in particolare sulla bioluminescenza del plancton, sulle sue migrazioni, sulla produzione di gusci di muco e sul processo di trasformazione in conchiglie, fossili e rocce sedimentarie. Nonostante le dimensioni microscopiche, il plancton riveste un’importanza vitale per il pianeta, contribuendo fino alla metà della produzione di ossigeno. Questi organismi compiono lunghe migrazioni trascinati da correnti e maree e si spostano quotidianamente attraverso colonne d’acqua verticali per sfuggire ai predatori. Specie come i mixotrofi dimostrano una straordinaria capacità di adattamento, sfruttando sia la fotosintesi come le piante, sia la caccia come gli animali. Ntjam stabilisce un parallelo tra queste tattiche di ibridazione e resilienza, le storie e le comunità al centro della sua opera. In swell of spæc(i)es, il plancton assume una dimensione mitologica, portando avanti la sua storia.

Nella Palazzina Canonica dell’ISMAR, il pubblico è invitato ad ampliare il mondo mitologico di Ntjam. Attraverso un’interfaccia di generazione d’immagine, i visitatori hanno la possibilità di realizzare creature immaginarie di plancton utilizzando i dati selezionati dall’artista, che includono immagini di plancton campionato localmente prodotte dall’ISMAR e sculture di divinità delle acque conservate in collezioni occidentali, come i Nommo e Mami Wata, uno spirito noto con vari nomi, generi e forme nelle culture africane e caraibiche. Le creature così generate popolano l’ecosistema marino nel ventre del serpente astrale, riprodotto in loco su uno schermo LED.

“La dimensione non antropocentrica della mia pratica mira a dissolvere i confini tra umano e non umano, tra natura e storia, due processi sempre interconnessi. Ritengo che la nostra percezione della natura, che tende a inglobare tutto ciò che non è umano in una categoria unica, sia indicativa di come gruppi dominanti di persone tendano ad assegnare posizioni specifiche agli altri, e questo rappresenta uno dei meccanismi di potere che cerco di smantellare attraverso la mia opera”.

— Josèfa Ntjam

Padiglione

Progettato dallo studio di architettura UNA / UNLESS, il padiglione che ospita l’installazione di Ntjam si trova all’interno del cortile di quello che un tempo era l’Ospedale degli Incurabili: una “piazza” circondata da colonnati che ha visto apparire e scomparire una cappella lignea (costruita nel 1523) e una chiesa di Jacopo Sansovino (1565-1831). Fulcro dell’Accademia di Belle Arti di Venezia dal 1999, il cortile ha assunto la funzione di spazio di sperimentazione artistica.

Il padiglione è un prisma triangolare blu che si protende verso l’acqua. La superficie esterna è rivestita da un sottile strato di polimero che si rigonfia con il vento, creando un effetto acqueo. Se la sua presenza astratta può sembrare a prima vista estranea a Venezia, la sua simmetria e la sua superficie riflettente stabiliscono un profondo dialogo con il contesto storico. Con un’area di 367,5 metri quadrati, il padiglione si compenetra con la struttura dell’antico ospedale e due dei pozzi ormai dismessi, formando un’estensione temporanea. All’apparenza impenetrabile, il padiglione é invece completamente aperto verso uno dei colonnati.

All’entrata del padiglione, un grande tendaggio convesso evoca l’assenza della chiesa del Sansovino ricalcandone l’impronta originaria, evidenziata anche da lastre di pietra rosa della pavimentazione del cortile. Il morbido drappo è la soglia che conduce all’installazione ultraterrena di Ntjam, pullulante di forme organiche.

“Il padiglione è un prisma triangolare blu che sembra essere caduto dallo spazio, ovvero dai regni virtuali celesti proiettati da Josefa Ntjam”.

— Giulia Foscari, UNA / UNLESS

Biografia dell'artista

Josèfa Ntjam è un'artista, performer e scrittrice che vive e lavora a Saint-Étienne, in Francia. La sua pratica artistica unisce scultura, fotomontaggio, immagine in movimento e suono. Ntjam raccoglie materiale da internet, libri di scienze naturali e archivi fotografici, combinando immagini, parole, suoni e storie per decostruire le grandi narrazioni che sottendono ai discorsi egemonici su origine, identità e razza. La sua opera intreccia molteplici narrazioni tratte da ricerche su eventi storici, processi scientifici e concetti filosofici, che affronta attraverso riferimenti alla mitologia africana, a rituali ancestrali, al simbolismo religioso e alla fantascienza.

Riferimenti & Crediti

swell of spæc(i)es è influenzato dall’opera di:

Actress, Fatima Al Qadiri, Bearcubs, ML Buch, Vinciane Despret, Dialect, Drexciya, Lauren Duffus, Kodwo Eshun, Krista Franklin, Édouard Glissant, Lorainne James, Bruce Lee, Lotic, Dr Aditee Mitra, Hayao Miyazaki, Achille Mbembe, Willfried N'Sondé, The Otolith Group, Sun Ra, Hugues Reip, Christian Sardet, Shabazz Palaces, Rivers Solomon, SZA, Mawena Yehouessi

Credits

Josèfa Ntjam: swell of spæc(i)es, 2024
Commissionato da LAS Art Foundation
20 Aprile – 24 Novembre 2024

Il public programme di swell of spæc(i)es è presentato insieme ad Ocean Space, Istituto di Scienze Marine e Accademia di Belle Arti di Venezia.

Josèfa Ntjam Team

Artist e Director
Josèfa Ntjam
Artistic Advisor e Writer
Mawena Yehouessi
Project Management
Ghost House
Studio and Production Manager
Julien Arnaud
Graphic Designer
Vatsana Takham
Production Assistant
Laurine Voisin
Iconography Designers
Nu Ha e Yi Zhang
Executive Producer e Film Production
Aquatic Invasion Production
Editor, Animator, Director of Photography
Sean Hart
Technical Director and Producer
Nicolas Pirus
3D Modeller e Rigger
Cindy Noël
3D Animator
Mickael Hu
Composer, Original Film Score
Fatima Al Qadiri
Sound Designer e Mixer, Film Score
James Kelly
Harp, Film Score
Tatyana Phillips
Cello, Film Score
David Barbenel
Captioner, Film Score
Alsea Diana
Sculpture Production
FÖRMA PRODUCTIONS
Sculpture Producers
Samuel Guitton and Laura Krompholtz
Sound Producer, Sculpture
Hugo Mir-Valette
Acoustician, Sculpture
Auguste Manly
Traductor, Sculpture
Julou Dublé
Scientific Research
Istituto di Scienze Marine
Scientists
Mauro Bastianini, Fabrizio Bernardi, Elisa Camatti, Francesco M Falcieri, and Simone Redolfi Bristol
Scientific Research
Cardiff University
Scientist
Dr Aditee Mitra

LAS Project team

Founder e Co-Director
Jan Fischer
Directors
Dr Bettina Kames e Kristina Leipold
Project Manager
Alexis Convento
Producer
Harriet Collins
Curator
Carly Whitefield
Assistant Curator
Sophie Korschildgen
Curatorial Assistant
Zoe Büchtemann
Communications Manager
Selin Şahin
Press Manager
Felix Thon
Strategic Communications
Sophie Furse
Communications Assistants
Cosima Otte e Moritz Weber
Social Media Manager
Veronica Jonsson
Producer, Documentation
Alice Lamperti
Lead Partnerships e Development
Coraly von Bismarck


TEAM PRODUZIONE E INSTALLAZIONE

Production
D.H. office
Founder e Director
David Hrankovic
Senior Project Managers
Camilla Violo e Alessandra Landi
Project Manager e Visitor Service Coordinator
Ilaria Genovesio
Project Manager
Aline Montaigne
Technical Lead, Palazzina Canonica
Atej Tutta
Translation Coordination
Clarissa Coidessa
Visitor service mediators
Francesca Gaspari, Alessandro Guaita, Federica Pellegrinotti, Alice Poli, Eleonora Zito
Pavilion Architect e Exhibition Designer
UNA / UNLESS
Founder e Director
Giulia Foscari
Co-Director
Federica Zambeletti
Project Leader
Karol Czarzasty
Senior Architect
Silvia Sandor
Architect
Olympia Simopoulou
Junior Architect
Francesca Benetti Genolini
General Contractor
M+B Studio
Founder e Director
Troels Bruun
Lead Contractor
Luca Delise
Project Manager
Ira Palmieri
Engineer
Denis Nica
Architect, Health e Safety Coordination
Antonio Girello
Consultant, Fire Prevention and Safety
Flavio Vido
Technical Lead
FAXstudio
Technical Installation Lead
Mote Studio
Topography
Altofragile
Spatial Consultant
Diogo Passarinho Studio
Lighting Designer
Studio Barthelmes
Founder e Director
Andreas Barthelmes
Architect e Lighting Designer
Alessandra De Martino
Lighting Designer
Elias Keimer
Lighting Designer
Martin Flugelman
AI Technologist e Consulting
Moisés Horta Valenzuela
Digital Environment Development
ATELIER-E
App Developer
Mauro Ferrario
UI and UX Design
MoreSleep
LAS Visual Identity Design
MoreSleep
Creative Director
Frederik Frede
Project Manager
Veselina Tsankova
Senior Designer
Thomas Provost
Designer
Alex Green
Project Manager
Kasia Grabiec-Clark
LAS Graphic Design
Sebastiano Girardi Studio
Creative Director
Sebastiano Girardi
Senior Designer
Matteo Rosso
Junior Designer
Francesco Zennaro

Ringraziamenti:

LAS team e Louise Nielsen, Ann-Charlotte Günzel, Amira Gad e Liz Stumpf; Accademia di Belle Arti di Venezia (Riccardo Caldura e Carlotta Rossitto); Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto di Scienze Marine Venezia (Mario Sprovieri e Francesco M Falcieri); Maco Film; Ocean Space (Francesca Thyssen-Bornemisza, Markus Reymann, David Hrankovic, Marco Zappalorto, Eleni Tsopotou, Sara Mattiazzi, Valeria Bottalico, Barbara Nardacchione e Beatrice Brighenti); Biennale Arte (Adriano Pedrosa, Roberto Cicutto, Pietrangelo Buttafuoco, Raffaele Cinotti); Josh Woolford; Camille Guibaud; Lua Lloyd; Brad Holdgrafer; Rees & Co (Carrie Rees, Rosanna Hawkins, Megan Miller, Manuela Gressani e Lauren Hare); Galerie Poggi, Paris (Jérôme Poggi e Camille Bréchignac); NıCOLETTı, London (Camille Houzé); e Pernod Ricard (Elisa Candiani).

Un ringraziamento particolare a Barrisol (Jean-Marc Scherrer e Giovanni Di Tursi) e Kvadrat (Anne Schirra).

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